Mentre auspicavo l’utopia della nascita di un comitato carnico per il si al traforo di Monte Croce Carnico, conoscendo i carnici ero sicuro della nascita d’un comitato per il no!
Previsione azzeccata!
Che sia contraria Lega Ambiente ci sta. Sono contrari a tutto! Ma che si sia contrari in Alto But, mi ricorda il paradosso che aveva sorpreso l’abate Arboit in visita a Lauco nell’Ottocento. Dopo secoli nei quali sull’altopiano ci si riforniva di viveri a schiena di donna o a dorso di mulo, finalmente dall’Italia erano arrivati i finanziamenti per realizzare una carrareccia. Ma subito anche lì s’era formato un comitato del no, costituito da quelli che non volevano si perdesse la tradizione della gerla come mezzo di trasporto (sic!)
E’ talmente lapalissiano che una valle a cul de sac si chiude e muore, mentre invece nel fatto di essere zona di transito può trovare le spinte e le motivazioni per risorgere. La conferma per la Carnia, e in particolare per la valle del But, vierne dalla storia, come ho avuto modo di dimostrare anche nella Storia della Carnia che ho scritto per Biblioteca dell’immagine. Gli alti e bassi della situazione economica sono stati sempre in relazione con l’apertura o chiusura del passo.
Non ha senso perdere tempo a discutere con chi dice no a prescindere, ma prendendo per valide alcune riserve che solleva il comitato del no dovrebbero essere superate da un comitato del si che pretende garanzie. Le Alpi sono piene di trafori realizzati in tempi in cui le tecnologie non erano così evolute come ora. Possibile che i tecnici non sappiano realizzare un sistema che controlli il mantenimento regolare del deflusso delle acque se si presentasse il problema, i rischi per l’ambiente e tutte le altre obiezioni?
Una delle giustificazioni del no è che “l’Europa non ha bisgno del tunnel”. E siamo finiti nel grottesco perché se può essere vero che l’Europa non ha bisogno del tunnel, è altrettanto vero che la Carnia ha bisogno del tunnel. Che siano i carnici a farsi scudo delle riserve europee a finanziare l’opera, per dire che anche loro non lo vogliono, invece che protestare per averlo, mi ricorda il comportamento di quello che…
Invece i tecnici sono purtroppo concordi nel dire che anche si decidesse di farlo ci vorrebbero 15/20 anni o più per realizzarlo. Quindi, per quanto detto sopra, sarebbe il caso che l’auspicato comitato per il si, pretendesse nel frattempo di riaprire il passo con una strada alternativa sul percorso che avevano scelto i Romani. Anche in presenza del traforo non sarebbe difficile immaginare un utilizzo integrativo per favorire il collegamento tra la valle del But e quello della Gail.
Mentre invece l’attuale apertura a singhiozzo con la speranza che non scappi il morto, corrisponde di fatto a una chiusura che però è costata e continuerà a costare una barca di soldi nell’immane tentativo di opporsi a Silverio che ha deciso sia venuto il tempo di sgretolare la montagna del Pal Piccolo.