Edito da: Edizioni del Galluzzo
Anno di pubblicazione: 2023
ISBN: 8
Nelle grandi biblioteche si trovano normalmente libri prodotti da grandi studiosi che nessuno legge, se non altri grandi studiosi per studi approfonditi di cui solo loro capiscono l’utilità. Più difficile, e per certi versi sorprendente, è trovare uno di questi libri in una biblioteca di periferia coma la Adriana Pittoni di Tolmezzo. Ma la sorpresa più grande è scoprire che questo libro, riservato a grandi studiosi, non è il lavoro passatempo di un vecchio topo di biblioteca, ma il frutto degli studi di una bella ragazza carnica che si incontra in biblioteca, a fare il lavoro di bibliotecaria, ma anche fuori, in una veste completamente diversa, a cantare e suonare in un complesso di musica folk.
Il libro impossibile da leggere nel nostro caso è “Expositio Quattuor Evangeliorum (CLH65) Redactio I: Pseudo-Hieronimus”, ma a curarne l’edizone è Veronica Urban, al momento impegnata come bibliotecaria, in attesa di decidere e di aver l’occasione per fare, da grande, qualcosa al livello che si merita una che ha avuto il coraggio, la pazienza e l’impegno necessario per dare alle stampe un libro del genere, di ben 590 pagine fatte collazionando testi latini, accompagnati con cascate di note e un profluvio di riferimenti bibliografici.
«Come è normale per un libro di filologia classica» come dice lei. Perché è la sua tesi del dottorato di ricerca.
Una edizione che “ha per la prima volta vagliato i rapporti intercorrenti tra i testimoni dell’ampia trasmissione manoscritta, giungendo non solo a definire la struttura originale del testo, ma anche a tracciare le modifiche verificatesi nel corso dei secoli”, come scrive Lucia Castaldi nella introduzione.
In parole povere Veronica ha quindi ricostruito il testo originario del primo commento ai quattro Vangeli, probabilmente opera di San Girolamo. Intrigante la idea o la suggestione che una carnica si sia appassionata a questo testo al quale, mi pare di ricordare, Girolamo ha lavorato proprio ad Aquileia negli anni attorno al 370 ca.
Lei dice che l’attribuzione a Girolamo è certamente falsa, che il testo su cui lei ha lavorato “è stato scritto in età tardo medievale (sec.VII) in ambiente irlandese”. Ma la sua precisazione non smonta uno come me, convinto che le leggende servano a ricucire le parti di storia che si sono perse, per la perdita dei documenti nel corso dei secoli. Anzi la sua precisazione mi ha fatto pensare alla stranezza per cui in particolare a Sauris ma anche a Cleulis di Paluzza si veneri San Osvaldo, un santo vissuto nel VII secolo, che fu re di Northumbria una regione del nord Inghilterra. Sta a vedere che è stato lui a scendere fino ad Aquileia per portare in Inghilterra i manoscritti di Girolamo su cui hanno poi lavorato i monaci irlandesi, e ora sono stati riportati in Friuli da Veronica. Di passaggio per la Carnia, nel tentativo di attraversare le Alpi, da Sauris o da Cleulis, avrà fatto qualche miracolo che giustifica la devozione che questi paesi riservano al santo e il fatto che a Sauris ci sia, come reliquia, il suo dito pollice.
Ma tornando al libro di Veronica che pur non essendo un libro sulla Carnia, merita di essere recensito, come libro scritto da una carnica, oggi abbiamo i Vangeli canonici su cui non si può discutere, ma ai suoi tempi è stato proprio Girolamo, con lo studio che ha ricostruito Veronica nella edizione dei monaci irlandesi, a cercare di definire la versione che poi è stata ufficializzata dalla Chiesa.
Compreso il fatto che si sono definiti come canonici questi quattro testi, considerando apocrife tutte le altre numerose versioni della vita di Gesù.
Solo per dare un esempio visto che siamo “sotto Natale” a proposito della stella cometa, a pag. 182, Girolamo (o chi per lui in Irlanda) si chiede quando è arrivata: “se dopo un anno o due, come alcuni dicono, non trovano Gesù a Betlemme ma in Egitto, e se dopo 12 giorni, come hanno potuto arrivare i magi in così poco tempo dalla lontana terra di Persia?”
Risolve il problema l’estensore della “expositio” con la sua fede: “Ma può fare questo Dio, ai cui comandi i sassi volano e si muovono i monti”.
Nel nome di Dio si può così spiegare ogni miracolo, io più modestamente e umanamente, vorrei semplicemente capire come Veronica sia riuscita a portare a termine l’impresa da cui è nato questo libro, che sono riuscito a fatica a sfogliare, non certo a leggere! Mi spaventa il solo pensiero delle tante ore trascorse a compulsare, collazionare, riportare in nota, per ricostruire nel modo più verosimilmente possibile il testo originario, confrontando i manoscritti nei quali monaci distratti e svogliati hanno spesso travisato ciò che stavano ricopiano.
“Ad maiora!” alla nostra bibliotecaria. Per quello che ha saputo mostrare in questo lavoro, si merita ben altro che assisterci nella lettura dei libri da leggere.