Se fosse stato scritto nella forma del romanzo la storia avrebbe perso d’immediatezza e spontaneità. Liana Soligo ha invece giustamente scelto di lasciare i risultati della sua ricerca sparsi, come i pezzi di un “puzzle” venuto alla luce in una serie di fortunate casualità.
Inizialmente la sua ricerca può essere stata quella di chi vuole ricostruire l’albero genealogico, ma lei non si è fermata ai nomi, ha ritrovato le pagine di storia, piccola o grande, che si legano a quei nomi. I passi della sua ricerca costituiscono il filo di Arianna “per muoversi in un mondo che non c’è più e di cui si vuole conservare la memoria.»
Non è nata e vissuta in Carnia, ma ha scoperto che le sue radici sono tra queste montagne e si è messa a scavare per ritrovarle. A scavare tra gli archivi, tra i registi delle anagrafi comunale e parrocchiali e ha messo in luce la storia dei suoi antenati. Vicende che paiono incredibili, impossibili. Eppure sono le vicende “normali” d’una famiglia della Carnia tra tra Ottocento e Novecento in Carnia.
Emblematica emerge la storia incredibile d’una famiglia che viveva al passo del Pura, in quello che poi diventerà il rifugio Tita Piaz, ma anche la storia incredibile del passo stesso, unico collegamento per quelli di Sauris, anche per il postino costretto a farsi il passo per garantire i collegamenti a quel paese.
Emerge la storia incredibile di quando anche dalla Carnia l’emigrazione si è diretta ai paesi dell’America del sud e la storia della famiglia si interseca con quella nazionale quando finisce coinvolta nel naufragio della nave Andrea Doria.
Come si scrive nella quarta di copertina “Tassello dopo tassello, l’autrice ci prende per mano e ci accompagna, attraverso un viale di ricordi, ancora vivo e presente, ricordandoci che le storie di chi ci ha preceduto fanno di noi chi siamo”:
Oltrechè nelle edicole e librerie il libro è disponibile per la lettura nelle Biblioteche di Tolmezzo e Ampezzo,